Nella cultura italiana il caffè è un rituale a cui nessuno sa rinunciare. E’ la punteggiatura che delinea la giornata: inaugura il mattino, chiude i pasti, riempie le pause, segna gli incontri con le persone care fino al dopo cena.
Ma come ha fatto il caffè ad arrivare dalle piantagioni dei paesi dei Tropici fino alle nostre tavole?
Vi raccontiamo la storia di un viaggio emozionante lungo centinaia di anni.
LA LEGGENDA DI KALDI E LA CAPRETTA
La parola “Caffè” potrebbe derivare da “Kaffa”, l’altopiano dell’Etiopia da dove proviene la pianta che cresceva spontanea. Secondo altri, derivererebbe dal termine arabo «qahwa» che significa «eccitante».
Una leggenda narra che a scoprire il caffè fu, nel VI secolo in Etiopia, il pastore Kaldi, insospettito dal comportamento nervoso delle sue caprette che avevano mangiato bacche e foglie della pianta di caffè. Le portò ai monaci che le gettarono sul fuoco: l’aroma che si sprigionò li convinse a preparare un infuso che li aiutò a stare svegli durante le veglie di preghiera notturne. Un’altra leggenda racconta di un incendio scoppiato in una piantagione in Abissinia, che diffuse nell’aria un forte aroma di caffè.
IL VINO DI ALLAH
Intorno al 1300 il caffè si diffonde in Medio Oriente: a Costantinopoli nascono i primi caffè, luoghi di incontri, riunioni, dibattiti politici, lettura, musica, degustazione e socializzazione. La nera bevanda è un’alternativa al vino, vietato dalla religione musulmana, per quanto riguarda le occasioni di socialità. Per questo il caffè inizia ad essere chiamato anche “il vino di Allah”.
L’ARRIVO IN EUROPA
Nel 1600 circa, il caffè entra in Europa grazie al commercio dei veneziani con l’Oriente. Si deve a loro la sua diffusione come consumo di massa ed è a Venezia che nel 1645 apre la prima “Bottega del caffè”. Considerata inizialmente la «bevanda degli infedeli», venne accettata dalla Chiesa con Clemente VIII, che organizzò ad un vero battesimo del caffè per “convertire” la bevanda di Allah.
La prima caffetteria, invece, nacque a Vienna nel 1686. Piccola nota di colore: a seguito della vittoria sui turchi, nelle caffetterie venivano serviti anche dei dolci a forma di mezzaluna, simbolo della Turchia sconfitta. Nasce così il Croissant.
Nel 1700 le caffetterie divennero i punti di riferimento per la cultura illuminista: al Caffè Florian di Venezia si potevano incontrare personaggi del calibro di Jean Jacques Rousseau e Voltaire.
Tra il Settecento e l’Ottocento, in epoca coloniale, le potenze europee iniziarono a coltivare il caffè in tutte le proprie colonie che si trovavano lungo la fascia tropicale, che così si diffuse rapidamente in tutto il mondo.
IL CAFFÈ IN ITALIA
Solo dopo la Prima Guerra Mondiale il caffè entra a far parte della prima colazione degli italiani.
Nel 1917, dopo la sconfitta di Caporetto, il generale Diaz decise di imprimere una svolta all’alimentazione dei soldati italiani, a cui serviva la massima energia. Vennero quindi introdotti nel rancio quotidiano venti grammi di caffè a testa, da bere ogni mattina.
A guerra finita, i soldati che tornarono a casa continuarono la tradizione appresa nelle trincee: il caffè divenne così la bevanda più bevuta dagli italiani a colazione.
Finite le Guerre Mondiali, i bar diventano punti di riferimento, cultura, ritrovo, piacere, ma soprattutto la celebrazione di rinascita dopo anni di sofferenza.