La storia di Palermo è strettamente intrecciata a quella dei Florio, i “Leoni di Sicilia” che tra il XIX e la prima metà del XX secolo furono indiscussi protagonisti della vita imprenditoriale e sociale dell’Isola.
E la storia dei Florio, e della città, si intreccia con quella del caffè.
Il caffè e i Florio
La liason tra i Florio e il caffè ha inizio con i traffici marittimi di spezie e coloniali e, successivamente, con la vendita di questi prodotti esotici, tra cui il caffè, nella drogheria nel centro storico di Palermo.
Erano i primi anni del 1800 e a quell’epoca le drogherie erano un misto di negozio di spezie, erboristeria e farmacia, dove si trovavano rimedi di produzione naturale e prodotti coloniali. Rifornivano gli ospedali e gli studi medici, ma anche le famiglie aristocratiche che cercavano prodotti raffinati e costosi.
La fortuna della famiglia Florio parte proprio da un’“aromateria” vicino alla Cala di Palermo. Qui Paolo Florio aprì, in via dei Materassai nei primi anni del 1800, un negozio di spezie, prodotti coloniali e chinino, che in breve tempo divenne uno dei più floridi della città.
Parallelamente, in quegli anni e nei decenni a seguire, i Florio portarono avanti una fiorente attività di importazione di prodotti esotici grazie agli scambi con l’isola di Malta, crocevia di commercio con le terre di origine di pregiati prodotti, come il caffè, che poi rivendevano in città nella bottega nel cuore del centro storico.
Un commercio che pose le basi alla nascita di un vero e proprio impero, che spaziava dal commercio marittimo all’industria chimica, dalla produzione del celebre Marsala al turismo, fino alla lavorazione del tonno, e che fece dei Florio dei veri e propri regnanti senza corona.
Le caffetterie della Palermo Felicissima
Sono gli anni della Belle Époque, un momento di straordinario fermento socio-culturale e artistico per Palermo. Una stagione d’oro, che le regalerà l’epiteto di “Palermo felicissima” e che nel 1891 vedrà la città trasformarsi nel teatro dell’Esposizione nazionale italiana.
A Palermo la cultura dei Caffè si afferma fin dai primi dell’Ottocento. La fortuna di questo tipo di locali è strettamente legata all’affermarsi di un’alta borghesia imprenditoriale, di cui i Florio erano i massimi rappresentanti.
All’epoca Corso Vittorio Emanuele, Via Maqueda e il Foro Italico erano il cuore pulsante della vita cittadina. Qui nacquero le prime pasticcerie, sorbetterie e caffetterie, che in breve diventano luoghi di affari per la borghesia e “place to be” per la nobiltà cittadina, ma anche officine di idee, stazioni fisse di donnaioli e socializer ante litteram, covi di dissidenti antiborbonici, redazioni improvvisate di riviste letterarie e politiche.
I Caffè dell’Ottocento ricalcavano nell’arredo le dimore aristocratiche, con sale da gioco, sale da lettura e giardini d’inverno. I Caffè all’aperto, sfruttando il clima mite siciliano e la moda delle passeggiate, a piedi o in carrozza, offrivano spettacoli di musica, teatro, soirée e feste da ballo.
I locali si adeguarono alle nuove mode e ai gusti della clientela. Artisti, architetti e decoratori celebri – da Enrico Cavallaro a Ernesto Basile – furono chiamati per abbellire le sale con le loro creazioni in stile Liberty: insegne, arredi, vetrate, pensiline, tutto riportava decori floreali ed elementi in ferro tipici dell’Art Nouveau.
Le insegne storiche
Nel centro storico sorgevano le più belle caffetterie della città. Nel 1854, secondo la Guida di Gaspare Palermo, c’erano 65 esercizi tra caffetterie e sorbetterie nelle quali si servivano sorbetti, caffè, cioccolata e bevande al latte, limonate, liquori, birra e vini. Tra queste si ricordano la “Ditta Gulì”, il “Cafè restaurant Bologni”, la “Pasticceria e Confetteria Barrile”, la “Real Confetteria del Cav. Bruno”.
In via dei Cintorinai, oggi via Alessandro Paternostro, si trovava il “Caffè della Colomba” specializzato nei sorbetti. In via Toledo (oggi corso Vittorio Emanuele) c’era il “Caffè di Sicilia”, descritto come uno dei migliori dell’epoca. Sempre in corso Vittorio Emanuele sorgevano la pasticceria svizzera Caflish, la Zum Falstaff e Stella Americana. In via Ruggero Settimo, al pian terreno del Palazzo Francavilla-Sperlinga, si trovava il “Caffè dei cacciatori”, dove ogni mattina si incontravano i cacciatori prima di recarsi al Monte Pellegrino per la caccia alle quaglie.
A Piazza Marina sorgeva il “Caffè Oreto”, dove la sera del 12 marzo 1909 cenò per l’ultima volta il detective italo americano Joe Petrosino, prima di essere assassinato dalla mafia .
I Quattro canti di campagna erano sede del “Caffè della Trinacria”, chiamato anche “Romeres” dal nome del suo proprietario, luogo famoso soprattutto per le sue granite giganti.
Purtroppo nessuno di questi incantevoli luoghi è riuscito a giungere fino a noi, schiacciati dal peso delle guerre mondiali e dall’imporsi di nuovi stili di consumo, più veloci e frenetici, che dal dopoguerra in poi fanno parte della nostra quotidianità.